Fabian Cancellara o Tom Boonen? Grande attesa per la centonovesima edizione della Parigi-Roubaix, una delle cinque classiche annuali di ciclismo che sorride con maggiore frequenza ai ciclisti di casa e ai confinanti (l’albo d’oro racconta di 53 successi belgi, 28 francesi, 13 italiani). Si corre domenica 13 aprile.
La tappa, solitamente e per tradizione in svolgimento in aprile, si corre nella parte settentrionale della Francia ed è uno dei percorsi di maggiore difficoltà per la presenza di cinque tratti in pavè i quali infarciscono ulteriormente un percorso di per sè complesso.
258 chilometri, partenza a Compiegne e arrivo in Roubaix: sembra gara d’altri tempi con i suoi 50 e più chilometri sul pavè più tremendo (51,5 km quest’anno) che di solito si presta a scatenare due effetti: con il vento scaturisce un polverone nel quale si perde di vista corridore e percorso, con la pioggia si determina fango e le ruote delle biciclette sembrano impastarsi a ogni pedalata.
Non è un prologo, ma non è neanche una crono. E’ un’anomalia, come tante altre ce ne saranno in questa edizione numero 96 del Tour de France. Anomalo è il disegno generale, che abbandona la classica forma a Boucle; anomalo sarà anche il lungo sconfinamento fino alla catalana Barcellona; anomala la penultima tappa, che invece di essere contro il tempo vedrà gli atleti confrontarsi fra di loro e con se stessi sull’ascesa del mitologico Mont Ventoux. E speriamo che l’anomalia non si estenda anche ai valori sanguigni dei partecipanti… Dicevamo di un avvio anomalo. Si parte ed arriva infatti, dopo 15,5km (e già questa, per una crono inaugurale, è una notizia), in terra – per così dire – straniera: Principato di Monaco, per la quinta volta nella storia sede di una tappa.