Calcioscommesse, Signori: “Hanno rovinato 30 anni di carriera”

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 Nella conferenza stampa di questa mattina, Giuseppe Signori non é riuscito a trattenere le lacrime. Oggi, l’ex attaccante di Lazio e Bologna, ha raccontato la sua verità sulla vicenda del calcioscommesse, che secondo le indagini degli inquirenti sarebbe il capo dell’associazione del clan dei “bolognesi” che si occupava di ‘aggiustare’ i risultati delle partite. ”Ringrazio chi mi è stato vicino in questi giorni, la mia famiglia, i miei avvocati. Queste persone sono state la mia valvola di sfogo. Li ringrazierò sempre. In questi 15 giorni chiuso in casa mi sono studiato l’ordinananza a memoria. C’era e c’è stato un massacro mediatico nei miei confronti. In pochi giorni sono stati cancellati 30 anni della mia vita. Mi dava fastidio non poter raccontare la mia verità, non poter rispondere alle falsità dette sul mio conto. Ho fatto la cronistoria di questi 15 giorni, dovevo capire da come era nata che sarebbe stato un massacro”.

La notizia del coinvolgimento appresa in treno –  ”Ero in treno mentre gli agenti mi controllavano casa. Ho ricevuto due telefonate, mi hanno chiesto cosa avessi combinato. Io ero tranquillo, non mi rendevo conto di nulla. Poi attraverso un celulare ho visto su internet cosa stesse succedendo. Su un sito c’era la mia foto con la maglia del Bologna e il titolo ‘Signori in manette’. Ma io ero in treno. Arrivato a Bologna ho ricevuto l’ordinanza”.

‘Mai essuna scommesse illegale’  ”Gli assegni che mi hanno sequestrato? Come tutti ho un libretto di assegni, hanno preso quello, assegni non compilati. Forse mi porto dietro una nomea sbagliata. Sono una persona cui piace scommettere, è vero, ma legalmente. E poi guardarmi la partita con un’enfasi diversa. Fare la sfida del Buondì Motta, è illegale? Non ho mai fatto cose illecite nella mia carriera. Ci sono tante cose inventate sul mio conto. Non mi è stato chiesto durante l’interrogatorio, ma volevo capire cosa significasse far parte di un’associazione. Io non faccio parte di alcuna associazione. Ecco perché vorrei partire da quel famoso e maledetto 15 marzo. Fui invitato dai miei commercialisti ad un incontro con due persone che non conoscevo, che non avevo mai visto prima. E’ lì che nasce tutto. Io sono andato a quell’incontro, ingenuamente ho sbagliato a scrivere delle condizioni, volevo capire dove si volesse arrivare, capire a cosa servisse la mia presenza. Servivo da garante. Non si era parlato di partite già fatte, la mia presenza serviva ad avvicinare giocatori di serie A. Ho risposto che certe cose non le facevo, che non ero interessato. E poi non avevo la possibilità economica per fare quelle cose”.

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